
Storia delle strade di Prato
Scheda di Via Giovanni Costantini
Inizia da: Via Giuseppe Valentini
Termina in: Via Antonio Rossellino
Classificazione: comunale
Categoria: Avvocato
Proposta: Delibera del Consiglio Comunale n.259 del 28 settembre 1955
Storia:
Giovanni Costantini era nato a Prato il 2 dicembre 1820 dal dott. Pietro e da Maria Benini. Studiò presso il collegio Cicognini di Prato, allora retto dal sacerdote Giuseppe Silvestri; non aveva molta salute e si ammalava spesso, ma non trascurò gli studi, dimostrando di essere un allievo intelligente, assennato e dotato di una fervida memoria. Terminati gli studi inferiori, s'iscrisse alla facoltà di Diritto presso l'Università degli Studi di Pisa dove si laureò all'età di diciannove anni; compi il quadriennio di pratica forense nel 1844, elogiato anche da Vincenzo Salvagnoli. Dopo questa data lo vediamo a Firenze, procuratore, sempre al lavoro con grande serietà ed onestà. Nel 1851, mentre si trovava a Pisa per impegni di lavoro, gli moriva la madre, assistita amorevolmente dalle cugine Ebe e Ada Benini. Ormai affermato nella sua professione, nel novembre dello stesso anno chiese la mano di Ada Benini e il 6 ottobre 1852, la sposò nella cappella della villetta di Narnali vicino a Prato e la condusse nell'appartamento di Firenze, che aveva fatto arredare durante il fidanzamento. Ma un triste destino pesava sulle due famiglie: una sorella minore di Giovanni, Antonia, moriva l'11 gennaio 1853, e un'altra, Luisa, la seguiva il 9 febbraio dello stesso anno, assistite sempre da Ada, che frattanto era ritornata a Prato: negli ultimi giorni di febbraio una ben più triste notizia la faceva correre di nuovo a Firenze, il suo Gianni aveva ormai pochi giorni di vita; morì infatti il 10 marzo 1853 a soli trentadue anni, essendo stato insieme alla sua Ada solo cinque mesi. La salma fu portata a Prato e tumulata nella chiesa di San Domenico. Giovanni Costantini, come Ada, amava scrivere articoli di vario argomento, in parte editi, e ottime poesie che spesso non firmava, essendo poco propenso a mettersi in mostra. Dal carteggio con la fidanzata emerge un uomo taciturno, introverso, piuttosto diffidente, serio, amante della solitudine e della vita all'aria aperta nei campi e nei boschi, argomenti sui quali scriveva in poesia. Una certa curiosità destano alcune annotazioni che Giovacchino Benini, zio, e futuro suocero di Gianni, faceva su una copia interfogliata della Bibliografia pratese di Cesare Guasti, che si conserva tra le carte Benini nella Biblioteca Roncioniana (pp. 84-85): « Nell'ottobre 1852 (ma: 1851) essendo a Narnali nella mia villa venne a trovarmi come frequentemente veniva come parente, e quasi bruscamente mi domandò se gli avrei data in moglie la mia figlia Ada. La domanda mi sorprese grandemente, e non potei fare a meno di far un gran salto sul canapè dove mi trovavo. Poi dissi di no, perché dopo aver visto una sorella tribolare per trenta anni in casa Costantini, non volevo mettervi una figliuola a fare altrettanto. Insistendo egli, gli dissi che ci pensasse meglio, e che io pure ci avrei pensato. Subito dopo mi furon quei di casa addosso per tutte le parti, e specialmente l'Ebe, che sembrava dovervi aver maggior contrarietà e che ne fu anzi la più calda promotrice. Tal che presto dovetti far la mia dell'altrui volontà ... ». Un giudizio piuttosto severo sul carattere di Gianni Costantini veniva dato da Giovacchino Limberti, futuro arcivescovo di Firenze, in una lettera scritta a Cesare Guasti il 24 maggio 1852: « Stamattina il dott. (Pietro) Costantini mi ha parlato di te ... Egli dice cose di fuoco contro il suo figlio Giovanni ... È vero che egli è uomo fastidioso molto, e inetto, ma bisogna convenire anche che il suo figlio Gianni è un figuro come pochi se ne possono trovare sopra la terra. Ti parrà troppo dire; ma non credo di esagerare ... ». Nella risposta inviata il giorno successivo, il Guasti rincarava la dose: «Siamo d'accordo intorno alla persona del dottorino: non figuro, ma figurissimo ... ». Sulla obiettività di quei giudizi non ci sarebbero da fare riserve, anche per la sincerità dei due autori, che conoscevano Gianni da lungo tempo.